mercoledì 10 marzo 2010

Il racconto di Usim

Usim era il giardiniere del sacro albero del tempo e del destino nel lontano regno di Amor. Usim apprezzato e rispettato in tutto il regno. Le sue doti erano diventate leggenda. Un giorno la terribile sovrana iniziò ad avanzare dubbi sulla sua bravura, allora Usim iniziò a chiedersi: e se non fossi bravo così come si narra? E se la gente dopo tanto tempo non mi apprezzi più come una volta? E se magari alla gente piacesse che apportassi qualche modifica al mio stile?

E così Usim si convinse che “la gente” dovesse poter esprimere il proprio parere sul suo operato, perchè ad Usim faceva piacere piacere alla Gente.

Allora decise di recarsi al mercato del giovedì ed inizio ad ascoltare gli abitanti del regno, intenti a fare provviste, ascoltò un uomo che diceva ad un altro:

- “Caro concittadino a ben vedere non ho da ridire sull’operato dell’eccellentissimo Usim, ma se proprio devo essere sincero gli direi di sfoltire un po’ la chioma inferiore dell’albero, darebbe una forma decisamente più slanciata”

Il giorno successivo Usim si recò dall’albero e come ascoltato dall’uomo del mercato sfoltì la chioma inferiore dell’albero, non era convinto del risultato ma credeva che così facendo avrebbe di certo fatto il volere della Gente. Convinto della pratica il giorno dopo tornò al mercato ed accostandosi ad un gruppo di lavandaie iniziò ad ascoltarle.

- “Chi altro lo può sapere se l’albero è ben curato se non l’eccelso stesso? Però se devo essere sincera gli direi di tagliare tutti i rami che sporgono dalla sagoma dell’albero per più di otto pollici.” e l’altra: “Io gli direi di strappare tutti i rami che hanno più di tre lune” ed ancora un’altra decisa: “Andrebbero eliminate tutte le foglie che abbiano meno di cinque gelate.”

Usim facendo tesoro delle voci andò via.

Di buon mattino si avviò al cancello del giardino reale e mise in pratica ciò di cui il giorno prima aveva fatto attento bagaglio. Ora sentiva che stava piacendo sempre di più alla GEnte. Voltò le spalle ed andò via.

Il terzo giorno decise che si sarebbe cimentato per l’ultima volta nel prezioso ascoltare, dato che secondo lui il suo operato gli permetteva di ingraziarsi i favori della dispotica sovrana.

Guardando un gruppo di fanciulli vi si avvicinò; prese ad ascoltare le loro confidenze che dicevano più o meno così:

- “Guardando quell’albero mi viene da pensare che si potrebbe fare di meglio spogliandolo di tutto il suo fogliame, sarebbe di sicuro più austero”

Usim tronfio aprì il cancello con la pesante chiave di ferro ed impugnando le cesoie tagliò tutte le foglie. Il sole era ormai basso quando Usim si voltò per guardare il risultato del suo lavoro, frutto dell’attento ascoltare la GENte. Lo colse un sussulto di spavento. Il sacro albero era ormai spoglio e senza vita; ricordava solo l’ombra dello splendore che era stato. Allora Usim preoccupato si recò ancora una volta al mercato, per sentirsi almeno rincuorato dai pareri della GENTe, ma non era così, ognuno ormai disprezzava Usim per il suo orribile lavoro. La sovrana che ormai non poteva essere più sorda alle lamentele della popolazione decise di arrestare Usim.

Il giardiniere avendo sentito delle intenzioni della sovrana cercava qualcuno che potesse risollevarlo dalla sua disgraziata sorte, ma purtroppo nessuno spendeva parole per il povero Usim, nessuno era disposto a sostenerlo nella sventura. Allora il sommo giardiniere si recò da chi era stato sempre suo consigliere attento e magnanimo. Aprì velocemente il pesante cancello e seduto sul muro che faceva da recinto all’ormai defunto albero trovò un pargolo che iniziò dicendo:

- “Sommo Usim a te va il mio saluto. Accomodati al mio fianco ed esponimi ciò che ti rende un uomo triste.”

- “Non so chi tu possa essere dato che non ti ho mai visto, io volevo parlare con il mio defunto amico ma dato che ho trovato te che sei l’unico che mi possa dare ascolto in questi miei ultimi attimi di uomo libero, ti dico, la mia sventura è nata da quando ho iniziato a dare ascolto alla GENTE, lo facevo per sentirmi accettato, per fargli piacere, ma ora che sono nella sventura e che ormai il mio albero risponde alle loro aspettative sono solo.”

Il bambino magnanimo continuò:

- “Eccelso, l’albero ti era stato assegnato dalla divina volontà universale, e tu cosa ne hai fatto?! La voglia di accondiscendere ai voleri della GENTE ti ha reso cieco, e ti ha spinto a tagliare ogni giorno qualche ramo, una foglia, dei frutti; ora non hai più nulla. E della gente che tanto volevi accontentare?! Nulla. Sei solo nel dolore.

Le guardie della regina portarono via Usim. Fu rinchiuso nella torre del germoglio che dava direttamente sul giardino e come maggior supplizio egli dovette guardare, per ogni giorno che gli rimaneva da vivere,  il sacro albero che ormai aveva ripreso a rifiorire.

La morale non so se ci sia, dite la vostra che io ho detto la mia.

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