martedì 30 giugno 2009

Preecious memories

Questa storia era in incubazione da tanto, viveva dentro di me questa vita autonoma, ma non aveva forse voglia di vedere la luce. Poi spinto da un'anima candida mi sono deciso a buttare giù tutto, a far vedere al mondo questa creatura, non so in realtà neanche io come sia davvero; anche perché è lei che guardava me, io solo di tanto in tanto le lanciavo qualche occhiata, così un po' di sbieco, come si guarda un animale selvaggio, di cui si vuole carpire la fiducia. Ora bando alle ciance e giù tutto d'un fiato, come è il mio solito.

Oramai sono passati più di due anni da quando ho visto per l'ultima volta questo posto, lo ricordavo più anonimo, ora sembra che qualcuno gli abbia iniettato un'anima, l'acquario ha forse un nuovo proprietario che se ne prende cura. Di cose ne sono accadute, la mia memoria in parte le ha rimosse, in parte dimenticate, in parte mai ricordate, ma a cosa serve ricordare se non se ne ha voglia?! La chiave della cassetta è tra le mie mani, la guardo e ci scorgo tutto ciò da cui sono fuggito, ora però non ho più paura, ma in realtà da cosa sono fuggito?! Non lo ricordo neanche più oramai... Incredibilmente lo scrigno dei miei ricordi è ancora lì immobile, come lo lasciai quel 6 giugno, infilo la chiave nella toppa e ci ritrovo il mio cellulare, è il momento di riaccenderlo; la telefonata è breve: "sto tornando".
Le hostess questa volta ci sono, sono vestite di un candido bianco, la bustina che hanno in testa emette luce propria, la loro pelle mi ricorda il colore delle perle, di quella purezza che ha un tocco di divino; "La sua permanenza qui come è stata signore?" mi chiedono con il loro plastic smile spiaccicato sulla faccia, io rispondo che è stato interessante, ma che adesso è ora di tornare, si è fatto tardi.
Mi accomodo al mio posto e tutto intorno a me si fa chiaro, limpido, è tutto così chiaramente semplice che la realtà quasi mi spaventa, il posto è morbido, caldo, avvolgente, accogliente, che ti mette a tuo agio, amico in una sera d'inverno a telefono, una carezza della tua ragazza mentre gli sei in grembo, il volto di un bambino, la domenica mattina quando sei a letto, il risveglio di un tiepido mattino d'estate. La telefonata all'aeroporto mi ha segnato in un modo che non credevo, quell'unica parola in punta di lingua, "ritorna".
Il panama che portavo ora è in borsa, quante ne ha viste, il mio amico inseparabile.
L'aereo atterra con un grosso scossone che mi desta dal mio sonno ristoratore, rimetto il cappello e mi preparo a scendere dalla scaletta messa lì apposta, quanto mi mancava tutto ciò, avevo voglia di ritornare, ora si che ce l'avevo.
In due passi mi ritrovo fuori dall'aeroporto, ormai le mie gambe conoscono la strada, io davvero meno, le interrogo, glielo domando, ma loro mute, mi rispondono che so dove sto andando, o almeno lo scoprirò a breve; la chiesa è di quelle moderne, brutte, edilizia degradata dai troppi anni di incuria; la gente è tanta dentro, quasi si fa fatica ad entrarci, faccio per togliermi il panama, ma in realtà mi accorgo che non c'è sulla mia testa lo cerco nel sacco, ma neanche il sacco c'è più sulla mia spalla, e d'improvviso le mie mani sono fredde i capelli lunghi sono lisci sul mio capo, gli occhiali puliti, ed ora mi vedo lì disteso nel freddo legno, quasi non mi ero accorto di essere là disteso, ed ora mi dico come può essere stato? Il panama è tra le mie mani ricoperto da un velo candido, i capelli sciolti e sistemati come piacevano a me, ma che ne è stato? Una lacrima mi solca il viso e ormai piango. La luce dal fondo è di un bagliore che impedisce di vedere, sono da solo ora, si è fatto tardi devo andare.

Precious memories, unseen angels,
Sent from somewhere to my soul;
How they linger, ever near me,
And the sacred past unfold.