sabato 20 marzo 2010

Fuori luogo

Tra luci soffuse che ammorbidiscono l'aria, i gazebo, a imitazione di palme tropicali, ricalcano ed imprimono nella mente e sulla pelle le dolci sensazioni che l'estate, puntualmente, mi spalma addosso. Sono allineati tutt'intorno alla piscina che, con la sua acqua luminosa, impreziosisce l'atmosfera. Mi siedo su uno dei divanetti bianchi e soffici sotto uno di questi, a sorseggiare un drink.
Mi rompevo le palle di venire qui, prevedevo di non sentirmi a mio agio, ma invece... eccomi. Ma forse non è mica poi così male. Nuovi colori mi sorprendono, nuove sensazioni. Mi rilasso e chiacchiero con gli amici, rido, sto in pace. La musica ci accarezza pian piano, è ancora d'introduzione alla serata, funge da antipasto.
E poi le donne: sorrisi smaglianti, accoglienti, capelli al vento che massaggiano delicatamente spalle già abbronzate (anche essendo soltanto l'inizio di giugno). Dolci seni quasi tutti scoperti, con disinvoltura, senza vera malizia. Cosce lisce, fresche, dorate, che ti passano e ripassano davanti, allegre e vitali, ritmando la scena col tip tap dei tacchi alti. E il profumo della loro pelle ti inebria appena appena. Leggerezza e sensualità. I loro occhi luccicano illuminando l'aria di allegria.

E tutti sfoggiano i loro sorrisi brillanti, sicuri. Guarda che movimenti ponderati, eleganti. Sono tutti composti, sorridono, sorridono, sorridono. Rimango accecato dai loro sorrisi. Provo a ridere anch'io: mi sento un cazzone. E intanto guardo quel ragazzo poggiato col gomito su una colonnina e i piedi incrociati che si sforza di stare dritto con grande difficoltà, perché costretto a curvarsi per reggersi, mentre cerca di conquistare una ragazza, parlando da solo. Ma rilassati, no?! mi viene da dirgli.
Vado a prendermi un altro drink. Il bancone affollatissimo è una festa di colori fosforescenti, vivi. La capiroska è altrettanto colorata e luccicante, brilla trionfante, perforata dalle altre luci. Torno a sedermi, bevo un sorso: mi ci voleva proprio.
La musica, d'un tratto, si fa sempre più forte, l'allegria sale, ormai si sguazza in essa. Mi invitano a ballare con le loro mani appiccicose, e con un brusco strattone li mando a cagare. Tutti ridono, continuamente, immutatamente, ma senza eccesso, in modo signorile, quasi regale.
Sguscio tra i corpi e sono a bordo piscina. Poi mi giro: ballano più o meno sempre le stesse persone, con gli stessi movimenti. Come sono allegri! penso. Ma poi perché sono allegri? Perché c'è la musica, c'è tanta gente allegra come loro. E questa gente perché è allegra? Che cazzo c'è da ridere sempre? Va be', l'importante è stare allegri, mi dico mentre continuo a guardarli in pista, sui divanetti, al banco, a bordo piscina. Passa qualche minuto e loro sono sempre lì, sempre allegri, sempre con lo stesso identico sorriso. Ma come fanno a stare sempre così, come statue apollinee dallo sguardo sempre uguale? E quei movimenti organizzati... ma che bravi... ma che coglioni!
Ma poi mi accorgo come sono vuoti quei sorrisi. Come commissionati a sé stessi. Che sorrisi infelici! Una serata buttata, centinaia, forse migliaia di serate buttate a cercare di acchiappare una ragazza che per la stragrande maggioranza dei casi neanche li caga, o semplicemente a sfoggiare davanti a lei la propria eleganza, il proprio modo di fare, la compostezza dei movimenti. Che imbecilli!
E io? Che ci faccio qui? Cosa sono in questo momento? Quali sensazioni mi aspetto di percepire in questa prigione, inganno dei sensi?
E allora esco, districandomi freneticamente tra la folla che ormai mi sta sui coglioni. Cammino. L'aria è ancora perfetta, asciutta e calda. La respiro a pieni polmoni. Mi butto in un baraccio a prendere una birra. Esco e mi siedo su una panchina a sorseggiarla. Dopo un attimo si siedono due tossici trasandati, dal viso chiazzato di rosso, sporchi. Mi offrono una sigaretta. Rispondo che non fumo e poco dopo si mettono a parlare con me. Della società, di attualità, della foschia diramatasi in questi ultimi giorni e del potere calmante e rigenerante dell'aria di mare, che in quel momento chiacchierava con noi di fronte, placido e nobile. Finisco la birra e me ne offrono un'altra. Poi sprigiono un potente e lento rutto. Ah, così va meglio!

Daniele Picardi

1 commento:

Daniele Picardi ha detto...

ho sbagliato, pero' "diramatasi" , è invece "diradatasi"