venerdì 26 marzo 2010

Pace Coniugale

“Ciao, Mario!”gridò, appena lo scorse con la coda dell'occhio.
“Oh, ciao, Alberto! Come va?”
“Tutto bene, non mi lamento. E a te come va?”
“Tutto bene. Da quanto tempo! Un sacco di volte mi sono domandato 'Chissà che fine ha fatto Alberto, che sta facendo!' Certo che ci siamo veramente persi di vista!”
“Eh sì, e che vuoi farci, è la vita e i suoi problemi.”
“Ma ti rendi conto di quanto tempo è passato? Non mi sembra vero! E devo dire che non sei cambiato tanto.”
“Beh, forse hai ragione. Me lo dicono in molti. Tu, invece, un po' sei cambiato, ma nonostante ciò ti ho riconosciuto subito. L'espressione del viso in fondo è rimasta immutata.”
“Ah, sì, trovi? E cosa fai adesso nella vita?”
“Lavoro in banca. Sono laureato in Economia e Commercio.”
“Ah, bene, bravo. Sono contento per te. Io, invece, mi sono laureato in Biologia, adesso lavoro, ahimè saltuariamente, in un laboratorio. E che vuoi farci, è dura.”
“Lo so, lo so. Bisogna rassegnarsi.”
“Certo che anche il tuo stile non è cambiato, sempre elegante, classico. Ed anche le movenze, sempre composto, quasi regale...”
“Ah, ah, ah! Trovi? Va be', in un certo senso... Tu, invece, ti vedo piuttosto informale, diciamo casual.”
“Trasandato, vuoi dire?”
“No, no, sei rimasto... giovanile, ecco.”

(Continua..)

Fine delle trasmissioni

Disse il televisore al cesso:
“Io, in una casa, sono più amato di te!”
“Ah sì?” disse il cesso, “E perché mai?”
“Io regalo allegria” rispose il televisore.
“Anch’io” disse l’altro.
“Tu non mostri spettacoli e reality!”
“Pfui!” disse il cesso facendo seguire il rumore dello sciacquone per lo sdegno, “E questa la chiami allegria?”
“Perché, tu cosa offri?”
“Un grembo su cui sedersi comodamente e in cui liberarsi delle pene interiori!” disse poeticamente.
“Sei un imbecille, che cazzo di allegria è, è solo merda e piscio!”
“Sei sempre volgare, non ti smentisci mai.”

lunedì 22 marzo 2010

Californication

Psychic spies from China
Try to steal your mind's elation
Little girls from Sweden
Dream of silver screen quotations
And if you want these kind of dreams
It's Californication

It's the edge of the world
And all of western civilization
The sun may rise in the East
At least it settles in the final location
It's understood that Hollywood
sells Californication

(Continua..)

sabato 20 marzo 2010

Fuori luogo

Tra luci soffuse che ammorbidiscono l'aria, i gazebo, a imitazione di palme tropicali, ricalcano ed imprimono nella mente e sulla pelle le dolci sensazioni che l'estate, puntualmente, mi spalma addosso. Sono allineati tutt'intorno alla piscina che, con la sua acqua luminosa, impreziosisce l'atmosfera. Mi siedo su uno dei divanetti bianchi e soffici sotto uno di questi, a sorseggiare un drink.
Mi rompevo le palle di venire qui, prevedevo di non sentirmi a mio agio, ma invece... eccomi. Ma forse non è mica poi così male. Nuovi colori mi sorprendono, nuove sensazioni. Mi rilasso e chiacchiero con gli amici, rido, sto in pace. La musica ci accarezza pian piano, è ancora d'introduzione alla serata, funge da antipasto.
E poi le donne: sorrisi smaglianti, accoglienti, capelli al vento che massaggiano delicatamente spalle già abbronzate (anche essendo soltanto l'inizio di giugno). Dolci seni quasi tutti scoperti, con disinvoltura, senza vera malizia. Cosce lisce, fresche, dorate, che ti passano e ripassano davanti, allegre e vitali, ritmando la scena col tip tap dei tacchi alti. E il profumo della loro pelle ti inebria appena appena. Leggerezza e sensualità. I loro occhi luccicano illuminando l'aria di allegria.

Fine mese

Era stata la solita giornata del cazzo, epilogo di una settimana del cazzo, a sua volta epilogo di un mese dello stesso tipo. Tra vagabondaggio, curricula e uffici postali, con il freddo umido che entrava nelle ossa, questo periodo della mia vita non aveva ancora acquisito un po’ di sapore. Aveva lasciato, per ora, soltanto un senso di insipido, annacquato, dai leggeri sentori di acre. Ero sazio di cibo pessimo, mandato giù stoicamente con grande sforzo, ma che prima o poi bisognava vomitare o cagare. Mi erano rimaste in mente solo carte, carte, carte, dall’odore freddo e amaro, mi sembrava di essermi fatto spazio fra di esse per tutto il mese, nient’altro. E per cosa? Per niente. Già sapevo che il seminare carte dappertutto, per tutto questo tempo, tra gente che ti diceva nulla, che sapeva di nulla, sarebbe servito a raccogliere il nulla. Tuttavia continuavo a perseverare, non so perché, forse per veder eretta la mia piccola torre di speranze, messe lì come pezzi di costruzioni per

venerdì 19 marzo 2010

Lettera dall'ombra

Cara mamma,

non so se ti arriverà mai questa lettera, sai com’è, qui regna un clima pacifico, contemplativo, si richiede il silenzio proprio per consentire alle pecorelle smarrite di ritrovare la via, pertanto sarà difficile comunicare con l’esterno ed è vietato rivelare cosa succede all’interno. Siamo in clausura, è chiaro. Com’è la vita qui? Come sempre, si vive insieme, insieme alle altre pecorelle, ci sono orari fissi per mangiare, fare la doccia, lavorare, passeggiare. E poi non ti preoccupare, quelle più peccatrici vengono isolate da noi, non abbiamo alcun tipo di contatto con loro, altrimenti verremo distolti dalla retta via che dobbiamo perseguire. Un prete viene ogni giorno a farci fare la confessione, ci ricorda i nostri sbagli, ci fa capire che la nostra è una penitenza necessaria, dobbiamo accettarla di buon grado perché è giusta, commisurata allo sbaglio commesso, ma allo stesso tempo ci ricorda che siamo qui per rimediare a tutto, infatti c’è un rimedio a tutto per ogni buon cristiano. Un giorno, infatti, saremo finalmente più onesti, sereni, innocui, vivremo meglio nel mondo, avremo finalmente capito i nostri sbagli.

mercoledì 10 marzo 2010

Il racconto di Usim

Usim era il giardiniere del sacro albero del tempo e del destino nel lontano regno di Amor. Usim apprezzato e rispettato in tutto il regno. Le sue doti erano diventate leggenda. Un giorno la terribile sovrana iniziò ad avanzare dubbi sulla sua bravura, allora Usim iniziò a chiedersi: e se non fossi bravo così come si narra? E se la gente dopo tanto tempo non mi apprezzi più come una volta? E se magari alla gente piacesse che apportassi qualche modifica al mio stile?

E così Usim si convinse che “la gente” dovesse poter esprimere il proprio parere sul suo operato, perchè ad Usim faceva piacere piacere alla Gente.

Allora decise di recarsi al mercato del giovedì ed inizio ad ascoltare gli abitanti del regno, intenti a fare provviste, ascoltò un uomo che diceva ad un altro:

- “Caro concittadino a ben vedere non ho da ridire sull’operato dell’eccellentissimo Usim, ma se proprio devo essere sincero gli direi di sfoltire un po’ la chioma inferiore dell’albero, darebbe una forma decisamente più slanciata”

Il giorno successivo Usim si recò dall’albero e come ascoltato dall’uomo del mercato sfoltì la chioma inferiore dell’albero, non era convinto del risultato ma credeva che così facendo avrebbe di certo fatto il volere della Gente. Convinto della pratica il giorno dopo tornò al mercato ed accostandosi ad un gruppo di lavandaie iniziò ad ascoltarle.

- “Chi altro lo può sapere se l’albero è ben curato se non l’eccelso stesso? Però se devo essere sincera gli direi di tagliare tutti i rami che sporgono dalla sagoma dell’albero per più di otto pollici.” e l’altra: “Io gli direi di strappare tutti i rami che hanno più di tre lune” ed ancora un’altra decisa: “Andrebbero eliminate tutte le foglie che abbiano meno di cinque gelate.”

Usim facendo tesoro delle voci andò via.

Di buon mattino si avviò al cancello del giardino reale e mise in pratica ciò di cui il giorno prima aveva fatto attento bagaglio. Ora sentiva che stava piacendo sempre di più alla GEnte. Voltò le spalle ed andò via.

Il terzo giorno decise che si sarebbe cimentato per l’ultima volta nel prezioso ascoltare, dato che secondo lui il suo operato gli permetteva di ingraziarsi i favori della dispotica sovrana.

Guardando un gruppo di fanciulli vi si avvicinò; prese ad ascoltare le loro confidenze che dicevano più o meno così:

- “Guardando quell’albero mi viene da pensare che si potrebbe fare di meglio spogliandolo di tutto il suo fogliame, sarebbe di sicuro più austero”

Usim tronfio aprì il cancello con la pesante chiave di ferro ed impugnando le cesoie tagliò tutte le foglie. Il sole era ormai basso quando Usim si voltò per guardare il risultato del suo lavoro, frutto dell’attento ascoltare la GENte. Lo colse un sussulto di spavento. Il sacro albero era ormai spoglio e senza vita; ricordava solo l’ombra dello splendore che era stato. Allora Usim preoccupato si recò ancora una volta al mercato, per sentirsi almeno rincuorato dai pareri della GENTe, ma non era così, ognuno ormai disprezzava Usim per il suo orribile lavoro. La sovrana che ormai non poteva essere più sorda alle lamentele della popolazione decise di arrestare Usim.

Il giardiniere avendo sentito delle intenzioni della sovrana cercava qualcuno che potesse risollevarlo dalla sua disgraziata sorte, ma purtroppo nessuno spendeva parole per il povero Usim, nessuno era disposto a sostenerlo nella sventura. Allora il sommo giardiniere si recò da chi era stato sempre suo consigliere attento e magnanimo. Aprì velocemente il pesante cancello e seduto sul muro che faceva da recinto all’ormai defunto albero trovò un pargolo che iniziò dicendo:

- “Sommo Usim a te va il mio saluto. Accomodati al mio fianco ed esponimi ciò che ti rende un uomo triste.”

- “Non so chi tu possa essere dato che non ti ho mai visto, io volevo parlare con il mio defunto amico ma dato che ho trovato te che sei l’unico che mi possa dare ascolto in questi miei ultimi attimi di uomo libero, ti dico, la mia sventura è nata da quando ho iniziato a dare ascolto alla GENTE, lo facevo per sentirmi accettato, per fargli piacere, ma ora che sono nella sventura e che ormai il mio albero risponde alle loro aspettative sono solo.”

Il bambino magnanimo continuò:

- “Eccelso, l’albero ti era stato assegnato dalla divina volontà universale, e tu cosa ne hai fatto?! La voglia di accondiscendere ai voleri della GENTE ti ha reso cieco, e ti ha spinto a tagliare ogni giorno qualche ramo, una foglia, dei frutti; ora non hai più nulla. E della gente che tanto volevi accontentare?! Nulla. Sei solo nel dolore.

Le guardie della regina portarono via Usim. Fu rinchiuso nella torre del germoglio che dava direttamente sul giardino e come maggior supplizio egli dovette guardare, per ogni giorno che gli rimaneva da vivere,  il sacro albero che ormai aveva ripreso a rifiorire.

La morale non so se ci sia, dite la vostra che io ho detto la mia.